Cattedrale Santa Maria Maggiore

Indirizzo: Piazza Duomo, Barletta (BT)
Tel: 0883 345522
La Cattedrale di Santa Maria Maggiore si erge in un punto nevralgico della città di Barletta, in pieno centro storico, al confine tra il Castello Svevo e l’antico borgo di Santa Maria, che da esso prende il nome.
Anche se con il passare dei secoli nuovi spazi si sono andati definendo presso quasi tutti gli edifici religiosi, piazza Duomo ha sempre conservato peculiarità assolute, soprattutto perché restava l’espressione della prima comunità urbana insediatasi sulla costa, stretta intorno alla chiesa madre: lo stesso disegno del tessuto urbano è il segno della forza centripeta di quest’ultima, benché con le successive fasi di espansione della città si sia verificato il naturale spostamento della piazza che oggi non si trova più in posizione baricentrica rispetto alla civica così come era stato in origine.
Posizione della Cattedrale
La Cattedrale è disposta secondo un orientamento est-ovest, con il deambulatorio gotico rivolto verso est, dunque verso il Castello e l’accesso principale verso Palazzo Santacroce. Una delle principali caratteristiche logistiche della chiesa consiste nella sua disposizione a ridosso del centro storico, con il sagrato che si affaccia su Palazzo Santacroce, perfettamente integrato tra i suoi vicoli, e con via Duomo a fungere da corridoio d’arrivo alla chiesa. Proprio da via Duomo è possibile apprezzare un caratteristico scorcio del campanile, che si erge sul fianco settentrionale della chiesa. Il campanile permette l’arrivo al Castello Svevo mediante un’apertura arcuata nel suo basamento che sfocia in un ampio spazio, nel quale è possibile notare uno squarcio nella pavimentazione a ridosso del duomo: si tratta dell’antico basolato sottostante rinvenuto nei recenti lavori di scavo tenutisi nel 2007.
La costruzione della basilica
L’inizio della costruzione della Cattedrale di Santa Maria Maggiore risale al 1150 ad opera del maestro Simiacca e di suo figlio Luca. Numerosi i privati che intervennero a finanziare la nuova costruzione, come testimoniano due iscrizioni che ancora oggi ritroviamo all’interso della struttura: la prima, che ricorda la donazione di duecento ducati per l’acquisto di due colonne fatta da un tale Muscatus nel 1153, è incisa su un capitello; la seconda è datata 1150 e documenta la committenza di uno dei portali da parte di un certo Riccardo (che si presume sia il conte di Andria, feudatario della città, vissuto nella metà del XII sec.). L’iscrizione latina associata a questo personaggio recita: “A tue spese, o Riccardo, questa porta risplenderà e per te si apriranno liete le porte del cielo” e nella fantasia popolare il conte ha assunto addirittura le sembianza di Riccardo Cuor di Leone.

Già a primo sguardo l’edificio attuale non si presenta come un insieme unitario. Si notano, infatti, due parti nettamente differenti, quella anteriore romanica e quella posteriore gotica, che mostrano i segni di una vicenda costruttiva lunga e discontinua.
Inizialmente la Cattedrale era molto più piccola di quella attuale e si presentava, al pari di molte chiese pugliesi, come una semplice basilica a tre navate. La decorazione scultorea, avvenne in tempi differenti e si mostrava sfarzosa, ricca di capitelli popolati da figure di animali all’interno della chiesa, una serie di mensole figurate all’esterno, tre portali per il prospetto, di cui sopravvivono oggi i due laterali e scarni frammenti di quello centrale. Inoltre, in tutte le raffigurazioni scultoree viene rappresentata la vittoria dell’uomo nella lotta contro il male (un guerriero con la lancia che un guerriero con la lancia che stringe un cane, un uomo che infilza una scimmia rifugiatasi presso un monaco, due uomini in lotta, una figura virile a cavallo dinanzi ad un drago, Sansone che lotta contro il leone…) immagini utili per persuadere il fedele ad abbandonare la malefica forza e avvicinarsi a Dio e alla promessa di salvezza (rappresentate, da un punto di vista artistico con le sculture dell’Annunciazione e i leoni presenti sulla facciata, e le testimonianze della vita di Cristo iterate nelle sculture del portale principale).
Diverse maestranze intervennero nel cantiere, dove si intrecciarono ricordi della coeva plastica siciliana, una forte componente francese, unita a derivazioni dalla miniatura anglo-normanna. Nell’ultima fase dei lavori intervennero maestranze che avevano lavorato nel cantiere della Cattedrale di Trani.
I primi lavori di ampliamento risalgono al XII secolo e portarono all’aggiunta di due campate voltate a crociera costolonata su pilastri, seguendo un modello già presente in città nella Basilica del Santo Sepolcro. È di quegli anni anche la costruzione dello storico campanile sul fianco sud, con la particolarità dell’apertura che consente il passaggio e che venne pensata con una funzione spiccatamente urbanistica, in relazione all’asse viario principale della città antica. Poi, si provvide anche all’arredo della struttura ecclesiastica, occasione per la quale furono chiamati a Barletta artisti provenienti da Gerusalemme.
Solo in età federiciana poi, con gli svevi, all’interno della struttura furono aggiunti i falsi matronei, fu aperta una finestra bifora e, successivamente, il rosone; il tutto entro il 1267, anno della solenne consacrazione.

Mancava a questa data un’ulteriore importante fase di lavori, quell’ampliamento iniziato a partire dal 1307 che interessò l’attuale zona del presbiterio, a tre navate, due campate, copertura a crociere costolonate sulla navata centrale e a botte a sesto acuto su quelle laterali, e quella del coro, comprendente una grande abside poligonale a cappelle radiali, tipicamente gotica e straordinariamente inconsueta in un’area dominata dall’architettura romanica. È qui che, con un accorgimento tecnico dalle intenzionali finalità prospettiche, lo spazio centrale si dilata per aprirsi solennemente alla luce ed alla levità delle forme “moderne”, lasciandosi alle spalle le strutture antiche avvolte nella penombra.
L’unione tra gotico e romanico
Il congiungimento della cattedrale gotica e quella romanica avviene nella prima metà del XVI secolo, ma l’assetto definitivo dello spazio interno è ottenuto solo nel tardo XVII secolo.
Date incise e documenti di archivio del XII secolo attestano che sia il taglio dei pilastri cruciformi della navata centrale che il rialzo dell’arco centrale furono commissionati dal Capitolo per eliminare l’ingombro visivo che si era evidenziato dopo la riunificazione delle due parti. Nella quinta campata, sulle chiavi di volta, è iscritta la data 1682, termine entro il quale i lavori devono essere stati eseguiti seguendo un criterio di conformità del nuovo esistente. Tra il 1619 e il 1629 si colloca l’assetto presbiteriale con la trasformazione in cappella di patronato della nobile famiglia Gentile. La decorazione marmorea è opera del marmoraro Angelo Landi e dello scultore Cosimo Fanzago, ma di esso oggi rimane ben poca cosa: la lastra tombale e il monumento funebre di Michele Gentile senior (dove il busto è però un reimpiego).
Ma oltre alla decorazione del Fanzago, nella Cattedrale, dedicata a Santa Maria, esistevano varie cappelle nel periodo intorno all’abside e altari lungo le pareti delle navate laterali, dedicate alla Vita di Maria, nonché un soffitto ligneo a tavolato. Nella navata ricordiamo gli altari distrutti dell’Assunta della famiglia Marulli (con la cornice di marmo realizzata da Crescenzo Trinchese nel 1752), quello dell’Adorata con il dipinto di Francesco De Mura e gli esistenti della Presentazione di Maria al Tempio (col dipinto di Nicola Menzere 1775), del Transito di San Giuseppe e dell’Immacolata o SS. Sacramento, rispettivamente collocati nelle due pregevoli cappelle. Queste furono edificate già alla fine del sec. XIV e poi trasformate notevolmente in epoca barocca.
La cappella del transito di San Giuseppe conserva la struttura originaria della volta a costoloni, nascosta dal controsoffitto decorato dal pittore Girolamo Cenatiempo. A lui si deve anche la pala d’altare, mentre la decorazione marmorea e di Gennaro Cimafonte (1743), su disegno presumibilmente dell’architetto Niccolò Tagliacozzi Canale.
Il sottosuolo della Cattedrale
Dopo lunghi restauri, la Cattedrale di Barletta è stata da qualche anno riaperta e restituita alla comunità cittadina. Tra le novità emerse dai lavori, il ritrovamento al di sotto della basilica attuale dei resti di almeno altri due edifici di culto più antichi, e delle loro preziose decorazioni, soprattutto a mosaico. Quanto basta per affermare con certezza che, assai prima che la storia attesti la dignità di Barletta come città, esistevano nella zona dei punti di riferimento ben più monumentali di quanto si potesse immaginare.
Il sottosuolo della Cattedrale di Barletta presenta una stratificazione per molti versi affine a quella documentata negli altri edifici di culto oggetto di recente indagine archeologica. L’ultima fase di utilizzo è ancora una volta attestata dal sepolcreto che invase l’area corrispondente alla navata centrale e a quella meridionale della Cattedrale del XII secolo, con le camere mortuarie di tufo coperte da volte a botte e botole e gradini di accesso disposti su due file. Le pareti di questi ossari ospitano anche blocchi di reimpiego, tra cui una lastra con la data 1510, che potrebbe essere un termine indicativo per la costruzione dei cassoni tombali probabilmente riferibile ad un’unica fase. Anche qui come nelle analoghe situazioni evidenziate nei soccorpi delle cattedrali pugliesi, un vasto campionario di oggetti di abbigliamento e di ornamento insieme alle consuete medagliette e ai rosari del corredo devozionale, consente di cogliere aspetti del costume e della religiosità di Barletta nel corso dei secoli. La situazione determinata dalle camere mortuarie denunzia una forte compromissione delle strutture precedenti che comunque offrono spunti di lettura e di interpretazione. A cominciare dalle testimonianze più antiche che riguardano le tombe a grotti cella riemerse, seppure con gravi lacune, nelle quali si riconosce il corridoio d’accesso alle camere sepolcrali inquadrate da stipiti e architrave in tufo e con lastroni di chiusura. Gli oggetti del corredo mostrano poi il succedersi di più inumazioni almeno nella struttura meglio conservata, una tomba di famiglia che subì nel corso della frequentazione trasformazioni evidenti. Alcuni vasi si riferiscono al corredo più antico: sono gli askoi, a forma di otre, acromi e con decorazione listata, cioè a fasce entro cui si dispongono tralci vegetali, motivi geometrici e figure miniaturistiche. Successive sono, invece, le coppette a vernice nera, lo speccho di bronzo e la serratura completa di chiodi, residuo di una cassetta di legno che per la deperibilità del materiale non si è conservata. Questa parte della necropoli rimanda lala zona residenziale della città romana, dove – secondo la tradizione indigena – gruppi di tombe si inserivano tra le case; su questo tratto urbano del vicus tardo antico di Bardulos sulla via Traiana – come nella Tabula Peutigeriana è ricordata l’antica Barletta – si insediò un edificio di culto che mostra, nonostante le gravi compromissioni, un notevole impegno dal punto di vista decorativo.
La chiesa a pianta basilicale è a tre navate divise da due file di colonne o di pilastri di cui restano i plinti quadrangolari ed è conclusa da un’abside orientata. Misurava in lunghezza 29 metri circa per una larghezza di circa 20 e gli spazi delle navate dovevano comprendere da otto a dieci campate: le dimensioni erano quindi più ampie – almeno in larghezza – di quelle della chiesa romanica. Il presbiterio presentava, al termine della navata centrale, una recinzione sopraelevata su cui erano disposti plutei e transenne e includeva due spazi di diversa dimensione. La navata meridionale, invece, era chiusa sul fondo da un ambiente di cui non è chiara la funzione. All’esterno, nella parte meridionale, sono emerse murature che si riferiscono ad ambienti anch’essi pavimentati a mosaico: si affiancavano alla Basilica e appartenevano a un complesso architettonico assai vicino per tecnica e decorazione alla chiesa, anche se difficile definire la funzione.
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